idea di zazen

Smettere di pensare che la tua pratica ti porti da qualche parte.

Tratto da Buddhist Tricycle – di Douglas Penick

Il Museum of Jurassic Technology una volta mi ha inviato un biglietto di Natale che aveva un’immagine 3-D (accompagnata da occhiali rossi e verdi) di qualcuno che guarda in una grotta.
Dentro c’era una storiella per ragazzi che concludeva:
“La nostra ricerca è senza fine e l’oggetto della nostra ricerca è sempre sfuggente;
eppure il ricordo della luce ci attira.
Unisciti a noi nel nostro sforzo infinito per la ricerca, forse senza comprendere che la ricerca in se è il creare la luce che noi stiamo cercando.”

Avrete probabilmente sentito dire e anche letto su libri e articoli di come la meditazione buddista possa aumentare chiarezza mentale, gentilezza, tranquillità, felicità e così via, riducendo tensione, rabbia, pensiero discorsivo, egocentrismo e altre caratteristiche considerate negative.
Senza dubbio nel profondo di tutti noi vi sono fonti di dolore che vorremo superare,
oppure desideri interiori che si vorrebbero essere realizzati.
La meditazione, secondo quanto di solito si legge, è il percorso attraverso il quale tali obiettivi possono essere raggiunti.
Forse anche quel grande ma sfuggente obiettivo chiamato illuminazione,
lo stato di risveglio, potrebbe essere alla nostra portata.

Ma, l’utilizzo di parole nobili usate per esporre determinati concetti nella meditazione,
porta molto spesso a quella che è viene chiamata “meditazione con obiettivo”.
Qui formiamo un costrutto mentale di qualcosa che crediamo di dover sperimentare.
Tramite l’analisi, creiamo una struttura, una forma mentale di una determinata esperienza e orientiamo la nostra mente ad avere questa esperienza.
[…]
Nel primissimo momento della meditazione, c’è una profonda realizzazione:
riconosciamo che non dobbiamo considerare i nostri pensieri come completamente reali;
intuiamo di non essere obbligati ad agire come conseguenza di questi pensieri.
Questa è una piccola esperienza ordinaria, ma con profonde implicazioni.
Tuttavia, durante la pratica di zazen o alla sua conclusione, se pensiamo che la nostra meditazione sia andata bene o male, questo è un segno infallibile che stavamo facendo affidamento su qualche concetto, anche se questo concetto è semplicemente la memoria del nostro primo senso di apertura.
Durante la pratica potremmo pensare di aver trovato degli ostacoli,
sperimentando disagi fisici, pensieri discorsivi e ricorrenti o altro,
ma questi sono da considerarsi tali, solo alla luce di idee e obiettivi che abbiamo riguardo la meditazione.
In assenza di obiettivi, non ci sono tali ostacoli.
[…]
Si potrebbe pensare che la meditazione sia un far pratica di qualcosa.
Pratica nel linguaggio comune, indica una sorta di esercizio preparatorio in vista del debutto, della cosa vera (the real thing).
Di solito si fa pratica con il pianoforte, la chitarra, il pattinaggio sul ghiaccio, la geometria, il francese, ecc.
Ci si esercita finché non lo si padroneggia e alla fine si arriva alla realizzazione di uno scopo.
Quindi nel linguaggio comune fare pratica significa fare delle prove in vista di qualcos’altro.
Ma perché invece non entrare nella pratica contemporaneamente sia come preparazione che come realizzazione?

Orgyen Kusum Lingpa ha dichiarato: “L’essenza di tutta la meditazione buddista consiste nel non seguire i propri pensieri”.
Ma questo non significa rifiutare i pensieri.
Non seguire i pensieri significa non seguire il percorso che inevitabilmente intuizioni, avvertimenti, seduzioni, domande, paure ecc. ci invitano a seguire
Li vediamo apparire ma non li seguiamo.
Ovviamente, questo include anche concetti sulla pratica, istruzione, saggezza e altro concetto sul sentiero dell’illuminazione.
Quindi il sentiero dell’illuminazione non è il sentiero per l’illuminazione.
Il sentiero dell’illuminazione è ciò che è sotto i nostri piedi.
Se si medita semplicemente in questo modo,
ogni volta che ci si siede a meditare, si entra nell’ignoto, nell’incerto, nell’inutile.
Continuando, si sperimenta ripetutamente l’incertezza sul posto.
Si entra in una grande distesa che è inconoscibile, ordinaria, viva e segreta.
Si entra nel continuum senza tempo e imparziale di tutto l’essere.
Soprattutto quando ci sediamo a meditare, portiamo con noi implicitamente le nostra motivazioni.
[…]

Perché pratichi Zazen?